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Realtà Virtuale vs “abbiamo sempre fatto così” – Arte, cultura e territorio



L’abbiamo visto con il lockdown. I musei hanno sperimentato l’inadeguatezza di un sistema di accesso alla cultura chiuso e tradizionalista oltre che di una strategia di comunicazione discontinua e poco creativa. Ma non è mica l’unico esempio. Per molti settori ha iniziato a traballare il pensiero “abbiamo sempre fatto così”, e le difficoltà a mantenere vivo il rapporto con il target non sono state affatto poche.

Sì, perché le persone vogliono consumare storie, esperienze, immaginari, un intero mondo di contenuti in più rispetto a quello che semplicemente gli viene offerto come prodotto/servizio primario. Non possiamo davvero più basarci sulle sole attività in loco come argomentazione di racconto. Ma, andiamo più in profondità.

Realtà Virtuale per il patrimonio artistico/culturale

Pensando ai musei (o più in generale al patrimonio storico, artistico e culturale) mostre in 360°, contenuti web che favoriscono l’interazione degli utenti, esperienze aggiuntive in VR o AR sono solo alcune delle idee che potrebbero essere integrate.

Ad esempio, per il Museo Nazionale del Cinema di Torino abbiamo prodotto diversi contenuti di questo tipo. Il primo è un’inedita esperienza in Realtà Virtuale realizzata sul set del film “Diabolik” dei Manetti Bros, in cui lo spettatore può immergersi a 360° nel covo del Re del terrore e nell’atmosfera del film. E, se prima è stata fruibile nelle sale CineVR del museo a margine della mostra-evento “Diabolik alla Mole”, ora continua a essere visibile sull’app di Rai Cinema Channel VR e sulla pagina Facebook di 01 Distribution e di Diabolik – Il film, conservando la sua funzione ed efficacia.

Per loro abbiamo realizzato anche la versione VR della mostra stessa, presto disponibile al pubblico e qualche settimana abbiamo ripreso la premiazione di Kevin Spacey, un evento memorabile ed esclusivo che il museo ha voluto filmare in VR per poi condividerlo con il pubblico.

Immaginiamo invece di trasporre le mostre di un museo in versione virtuale. Utenti, da ogni luogo e in ogni momento potrebbero fare un tour virtuale delle esposizioni, anche una volta terminate e inoltre, la VR avrebbe una funzione di archivio per gli stessi musei.

Questo è molto diverso dalle famose mostre immersive in cui gli ambienti fisici sono ricoperti da riproduzioni digitali delle opere di un artista proiettate sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto.

VR per il territorio e il turismo

La Realtà Virtuale è anche un efficace mezzo di promozione territoriale e può essere perfino una vera e propria modalità di viaggio sicura e sostenibile. Possiamo incentivare le persone a visitare i nostri centri, godere della bellezza delle aree archeologiche e i siti UNESCO, compresi tutti quei luoghi inaccessibili spesso troppo poco o affatto raccontati.

Come al Museo delle Scienze di Trento, dove recentemente è stato possibile visitare in maniera interattiva con i visori Oculus le pitture rupestri della Grotta di Lascaux, chiusa al pubblico da sessant’anni. La VR si è rivelata la soluzione per contrastare i limiti imposti dal delicato microclima della grotta, che ne rendeva impossibile l’esplorazione.

Funziona. Il racconto immersivo permette di comunicare la complessità storica e culturale dei luoghi turistici in maniera vivida. Che poi è un po’ la massima espressione del famoso storyliving, la più recente evoluzione dello storytelling, che si basa sul marketing esperienziale e consente ai consumatori di vivere in prima persona una storia, così da ricordarla nel tempo e condividerla.

Lo possiamo fare attraverso dei contenuti che permettano alle persone di esplorare i luoghi a 360°; autentiche esperienze in cui l’utente entra a far parte della narrazione, potendo scegliere dove e cosa guardare.

E, questo può riguardare attrazioni specifiche ma non solo. Pensando più in grande, la VR può essere utilizzata per creare un contenuto o un’esperienza interattiva su un’intera città, regione o addirittura del paese, perché si applicano le stesse regole di montaggio del video tradizionale. Ci sono poi altri elementi che ci vengono in aiuto: un voice over costruito ad hoc conferisce un senso logico all’accostamento di riprese diverse, anche solo un titolo può chiarire la direzione del racconto, e via dicendo.

Pisa fa da esempio; con il nuovo centro per il racconto immersivo e multimediale “Pisa Time Machine” si potranno rivivere le vicende più emblematiche della storia cittadina utilizzando tecnologie come il video mapping, la VR e AR, il digital storytelling.

Un’altra idea? Gli spot promozionali delle regioni potrebbero avere una versione in VR, che non andrebbe a rimpiazzare il video ma a inserirsi nel media mix della strategia di valorizzazione territoriale.

Di idee ce ne sono tante.
Da Gold esploriamo nuove frontiere e strategie di comunicazione creando contenuti e servizi nuovi per portare innovazione in diversi settori, e lo facciamo con la comunicazione, la Realtà virtuale e la produzione audiovisiva.

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